Giovedì 5 Marzo il Comitato VIA della Regione Abruzzo ha di fatto ritenuto che la variante sull'eletrodotto dell'inceneritore a biomasse che la Powercrop vuole costruire nel Fucino, sia una variazione non sostanziale e pertanto valutabile con una semplice presa d'atto. A questa è seguita l'esultanza di coloro che da anni sperano nella realizzazione della centrale (maccaferri e RSU), un' esultanza che lascia il tempo che trova considerato che personalmente ritengo che la partita sia ancora tutta da giocare. Non sarà certo questo episodio ad indebolire la ferma opposizione a questo progetto scellerato.
Quella della riconversione del comparto bieticolo/saccarifero è una
storia di speculazione bella e buona: per l’ennesima volta si assiste ad un gioco dove a farla da padrone
è un sistema di imprenditoria che danneggia l’economia vera e sana che questo Paese ha da offrire,
sfruttando e impattando sulle risorse ambientali senza creare vera crescita occupazionale
e benessere per i territori. E questo lo sanno bene anche le RSU che tanto
sbandierano al vento la necessità della costruzione di questo impianto
strumentalizzando la posizione dei cassintegrati dello zuccherificio. L’Europa
Non ha mai imposto all’Italia la chiusura degli zuccherifici, eppure il nostro
Paese ha ceduto oltre il 50% delle quote di produzione a favore dei Paesi cosiddetti
terzi. Il risultato oggi è visibile a tutti: le grandi società come la Sadam, gruppo
Maccaferri, hanno chiuso i nostri stabilimenti saccariferi e producono altrove (nei Paesi terzi per l'appunto)
lo zucchero per poi rivenderlo in Europa, Italia compresa, che sostiene così
costi aggiunti. A conti fatti chi ha perso veramente sono gli agricoltori, i consumatori e i
lavoratori degli zuccherifici Italiani. Nella questione Marsicana, gli accordi
di riconversione per lo zuccherificio di Celano prevedevano
la realizzazione di una centrale ortofrutticola per lavorare i prodotti del
Fucino, l’inceneritore a biomasse era una proposta in più. La multinazionale
invece si è mossa solo ed esclusivamente per realizzare la tanto discussa centrale
che dovrebbe bruciare biomassa in un quantitativo tale da non essere a disposizione
in questo territorio, come conferma il Corpo Forestale.
Ricordo che la
centrale dovrebbe sorgere su terreni agricoli non soggetti a riconversione e
appartenenti ad un territorio comunale che non è quello di Celano, dove sta il
sito da riconvertire e il cui l'allora sindaco ha posto la sua firma sugli accordi, ma di Avezzano il cui comune
non è mai neppure stato preso in considerazione negli accordi firmati a suo tempo
presso il MIPAAFF. Inoltre è doveroso sottolineare che da piano industriale presentato dalla stessa società
PowerCrop, le unità lavorative impiegate nella centrale sarebbero circa
27, l’agricoltura del Fucino ne impiega
almeno 15mila. L’unico scopo della centrale è quello di produrre energia col
beneficio dei certificati verdi, soldi presi dalle nostre tasche: finiti questi
incentivi fra 15 anni la centrale non avrà più senso di esistere e a noi
resteranno solo terreni fertili sottratti all’agricoltura e inquinanti immessi
nell’aria e nell’acqua e 27 persone nuovamente disoccupate. Da figlia di sindacalista ormai in pensione mi è stato insegnato che il
ruolo del sindacato è quello di tutelare i lavoratori ed il territorio e non
prestarsi al gioco di un sistema capitalistico, che vede solo costi senza
benefici. Ecco perchè mi appare tanto singolare
che le RSU continuino a voler imporre questa opera speculativa
strumentalizzando la condizione dei cassintegrati di Celano. E per l’ennesima
volta il Comitato Marsicano NO Powercrop si chiede come mai questi sindacati non si siano battuti con tanto ardore
per la costruzione della centrale ortofrutticola, che ha sicuramente più senso
collocata nella piana agricola del Fucino e necessita certamente di una mano
d’opera più numerosa rispetto ad una centrale altamente automatizzata. Come mai
gli stessi cassintegrati dello zuccherificio non si sono mai battuti per questo
e per tutelare così il loro diritto al lavoro?
Credo che l’intero territorio marsicano e le Istituzioni che
lo governano dovrebbero adoperarsi contro tale opera in modo più fermo: forse non a tutti è chiaro che il problema non è solo
Avezzanese o di Luco dei Marsi, comune limitrofo alla paventata centrale, ma di tutti
i comuni Marsicani che vivono di agricoltura e che vogliono tutelare il diritto alla salute dei propri cittadini: aprire oggi a questo "investimento"
vuol dire consentire alle speculazioni di ogni sorta di farla da padrone nel
nostro territorio. E' vero che la Costituzione Italiana difende il diritto
all’impresa, ma recita anche "purchè
questa non si svolga in contrasto con l’utilità sociale e la sicurezza", e
nel concetto di sicurezza implicita è la tutela ambientale e sanitaria.
Bruciare biomasse e/o bruciare monnezza, in ogni caso bruciare nel "tempio" dell'agricoltura, un paradosso che pare non voler aver fine.
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