Il mondo sta affrontando un cambiamento radicale, rispetto al secolo scorso la popolazione umana è aumentata di 4 volte e l’economia mondiale è 17 volte più grande. Le foreste si stanno restringendo, le falde si abbassano, i suoli vengono erosi, i pascoli si deteriorano, la pesca è fortemente danneggiata, la temperatura aumenta e piante e animali tendono a scomparire. In tutto questo possiamo dire senza timore che il degrado del pianeta sta danneggiando la salute dell’uomo. La domanda allora è: dove ci porterà il cambiamento e da chi verrà? Verrò da grandi iniziative mondiali? Dal singolo? Dal continuo degrado ambientale che porterà ad un punto di grande rovina economica e instabilità sociale?
Il Summit di Rio del 1992, ha reso popolare l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile. I grandi capi di stato che lì si incontrarono credevano di poter perseguire questo obiettivo con lo sviluppo di una migliore tecnologia e scrivendo accordi, trattati e leggi. In realtà bisognava affrontare in altro modo il problema e comprendere la vera natura della crisi di mamma Terra. La società odierna non è in grado di trovare soluzioni perché è danneggiata dai valori che i nostri capi ci propongono: crescita economica, lavoro, consumo, competitività, potere e dominio. Come possiamo allora attuare una trasformazione verso una società sostenibile?
Io la risposta l’ho trovata leggendo una frase di Lester W. Milbrath, professore emerito di scienze politiche e sociologia alla State University di New York a Buffalo: “noi dobbiamo imparare la nostra via. La natura e gli imperativi delle sue leggi, saranno i nostri insegnati più importanti nell’imparare la nostra via verso una nuova società”.
Una società sostenibile affermerebbe l’amore come primo valore estendendolo alle persone di altri Paesi, alle generazioni future e alle altre specie. Una società sostenibile dovrebbe promuovere la collaborazione e non il dominio, la cooperazione sopra la competizione e ancora l’amore sopra il potere. Una società sostenibile dovrebbe creare prodotti a lunga durata da curare e conservare, e insegnare la bellezza della semplicità. Nel campo del commercio i mercati stessi dovrebbero fare scelte morali tra oggetti e politica, provvedere ai beni pubblici come le scuole, i parchi e alla stessa protezione ambientale, tutti beni che sono importantissimi per la qualità della vita. Si dovrebbe promuovere lo sviluppo della scienza e della tecnologia, senza però permettere lo sviluppo di tecnologie così potenti da compromettere i valori sociali. Una società che impari ad essere sostenibile dovrebbe riprogettare il governo, utilizzare i processi di cognizione del governo per promuovere la conoscenza sociale. Richiedere che la gente che governa ascolti i cittadini, non solo per mantenere vivo il processo di partecipazione pubblica, ma anche per poter coltivare uno scambio di pareri e conoscenza tra i cittadini e i funzionari. Poiché tutto è connesso, la politica dovrebbe sforzarsi di essere di tipo “planetario”, perché la nostra salute, il nostro benessere sono influenzati da come si comportano le persone, gli uomini d’affari e i governi di altri Paesi. Finché non si diventerà consapevoli della necessità di cambiare la società, non si può sperare di trovare “la nostra via” verso un futuro sostenibile. Avere una visione del futuro implica la necessità di dover prendere decisioni e queste saranno decisioni morali. Anche la decisione di non agire diventa una decisione morale. Tutte le persone che capiscono cosa sta succedendo a mamma Terra hanno la responsabilità di favorire il passaggio verso una società sostenibile.
Il Summit di Rio del 1992, ha reso popolare l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile. I grandi capi di stato che lì si incontrarono credevano di poter perseguire questo obiettivo con lo sviluppo di una migliore tecnologia e scrivendo accordi, trattati e leggi. In realtà bisognava affrontare in altro modo il problema e comprendere la vera natura della crisi di mamma Terra. La società odierna non è in grado di trovare soluzioni perché è danneggiata dai valori che i nostri capi ci propongono: crescita economica, lavoro, consumo, competitività, potere e dominio. Come possiamo allora attuare una trasformazione verso una società sostenibile?
Io la risposta l’ho trovata leggendo una frase di Lester W. Milbrath, professore emerito di scienze politiche e sociologia alla State University di New York a Buffalo: “noi dobbiamo imparare la nostra via. La natura e gli imperativi delle sue leggi, saranno i nostri insegnati più importanti nell’imparare la nostra via verso una nuova società”.
Una società sostenibile affermerebbe l’amore come primo valore estendendolo alle persone di altri Paesi, alle generazioni future e alle altre specie. Una società sostenibile dovrebbe promuovere la collaborazione e non il dominio, la cooperazione sopra la competizione e ancora l’amore sopra il potere. Una società sostenibile dovrebbe creare prodotti a lunga durata da curare e conservare, e insegnare la bellezza della semplicità. Nel campo del commercio i mercati stessi dovrebbero fare scelte morali tra oggetti e politica, provvedere ai beni pubblici come le scuole, i parchi e alla stessa protezione ambientale, tutti beni che sono importantissimi per la qualità della vita. Si dovrebbe promuovere lo sviluppo della scienza e della tecnologia, senza però permettere lo sviluppo di tecnologie così potenti da compromettere i valori sociali. Una società che impari ad essere sostenibile dovrebbe riprogettare il governo, utilizzare i processi di cognizione del governo per promuovere la conoscenza sociale. Richiedere che la gente che governa ascolti i cittadini, non solo per mantenere vivo il processo di partecipazione pubblica, ma anche per poter coltivare uno scambio di pareri e conoscenza tra i cittadini e i funzionari. Poiché tutto è connesso, la politica dovrebbe sforzarsi di essere di tipo “planetario”, perché la nostra salute, il nostro benessere sono influenzati da come si comportano le persone, gli uomini d’affari e i governi di altri Paesi. Finché non si diventerà consapevoli della necessità di cambiare la società, non si può sperare di trovare “la nostra via” verso un futuro sostenibile. Avere una visione del futuro implica la necessità di dover prendere decisioni e queste saranno decisioni morali. Anche la decisione di non agire diventa una decisione morale. Tutte le persone che capiscono cosa sta succedendo a mamma Terra hanno la responsabilità di favorire il passaggio verso una società sostenibile.
4 commenti:
Ci vorrebbero tante più persone così informate e consapevoli.
Purtroppo siamo ancora molto pochi.
Complimenti per il tuo blog!
ciao Paola
Ciao Paola, grazie per il commento. Io penso che la consapevolezza a poco a poco stia iniziando a farsi strada, ma sono i giovani a dover rendere forte l'idea che un altro mondo è possibile. Finchè non ci svecchiamo e non ci togliamo di dosso i vecchi pensieri e le vecchie abitudini, non si riuscirà mai ad avere un futuro sostenibile. Hai ragione nel dire che siamo ancora in pochi, ma mi auguro di cuore che presto questa piccola fiamma diventi un bel fuoco ardente.
SEFORA
HAI DATO UN'OCCHIATA AL SITO DELLA DECRESCITA FELICE?
complimenti per il tuo blog
Sono andata sul sito della decrescita felice, l'ho inserito tra i miei link. Credo che diverrà uno dei miei siti preferiti. >Grazie della segnalazione
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