lunedì 26 maggio 2008

Se tu lo scarti, lo prendo io

Ecco quello che secondo me è un esempio di come le industrie possono approntare piani di sviluppo utili ad aiutare mamma Terra. Questa notizia risale a qualche mese fa, fu pubblicata sul quotidiano “il Centro”, ho conservato la pagina del giornale perché credo che questo sia un progetto promettente e molto attuale soprattutto in un momento come questo in cui la questione dello smaltimento dei rifiuti civili ed industriali sta praticamente monopolizzando le nostre preoccupazioni e paure. Questo studio, sostenuto dalla Provincia di Pescara e dall’Ipi (istituto per la produzione industriale del governo) è condotto dalla Facoltà di Economia dell’Università D’annunzio ed ha come oggetto la realizzazione di un Parco eco-industriale. Il principio su cui si basa è che “ gli scarti di una fabbrica non andranno più in discarica o in impianti di trattamento speciali, ma saranno utilizzati come materia prima, a basso costo, da un’altra industria. Praticamente una specie di catena ecologica il cui obiettivo è quello di minimizzare al massimo l’inquinamento industriale. L’area industriale di Bussi è stata scelta come sito di studio: il primo passo è stato quello di avviare l’analisi dei processi produttivi delle aziende presenti in quest’area, questi processi sono stati messi in relazione con quelli delle altre industrie abruzzesi arrivando così ad una prima ipotesi di scambio.

Esempio: il fango derivante dal ciclo produttivo della MEGA, diventa materia prima per la Orim che ne estrae metalli che utilizza o vende alla Honda. A loro volta i fanghi della Honda diveranno materia prima per il cementificio di Pescara. O ancora il cloro, altro scarto di produzione industriale, una volta trattato potrebbe essere utilizzato da un’azienda che si occupa di rifornire le piscine.

Anna Morgante, Preside della facoltà che sta conducendo lo studio, ha evidenziato quelli che sono gli ostacoli che un progetto come questo, così apparentemente semplice, logico, ma anche rivoluzionario, incontra, primo tra tutti è quello che tale studio è “scomodo” perché manda a monte quello che è il fiorente business dei rifiuti.

E’ un pensiero giusto quello della Morgante, un pensiero che però dovrebbe far suscitare la rabbia dei cittadini, perché non è possibile che si continui a parlare di sviluppo sostenibile, di carenza energetica e di materia prime e poi vedere che lo Stato preferisce utilizzare i soldi pubblici per finanziare inceneritori, torce al plasma e altri abomini che non vanno a tutelare le materie prime o a produrre energia. Vogliamo lo sviluppo sostenibile? Allora le forze economiche del nostro Paese dovrebbero sostenere progetti meritevoli come questo.

Fonte: Il Centro

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