Il Fucino visto dallo spazio

Un'immagine scattata dallo spazio rivela che la piana del Fucino è la valle più fertile d’IItalia.

Il caffè se inquina che piacere è?

E mentre le pubblicità ci raccontano di aromi sensuali e di luoghi di degustazione simili a boutique francesi, non ci rendiamo conto che preferendo la capsula alla moka non solo paghiamo un caffè 7 volte di più, ma contribuiamo ad inquinare l’ambiente.

La forza dell'uomo è nella verità

Alcuni vorranno toglierci la parola: il manganello può sostituire il dialogo, ma le parole non perderanno mai il loro potere, perchè esse sono il mezzo per giungere al significato e, per coloro che vorranno ascoltare, sono l'affermazione della verità.

PIL:una misura di sviluppo?

Ho sempre pensato che sviluppo e benessere inteso come qualità della vita andassero di pari passo...dunque il PIL è utile nella valutazione della qualità della vita?

lunedì 17 dicembre 2012

Discarica: maggiori benefici per il comprensorio marsicano?



Ho appreso dai giornali locali della nomina dell’Avv. Roberto Verdecchia ad assessore all’ambiente per il  comune di Avezzano e sempre sugli stessi giornali ho avuto modo di leggere il testo integrale delle “linee guida” fissate dal neo assessore per sviluppare – e cito testualmente - maggiori benefici per la città di Avezzano e per il bene del comprensorio marsicano, (potete leggerle anche voi a questo link).
Pur congratulandomi con l'avvocato Verdecchia per la sua nomina, mi trovo, dopo attenta lettura (ripetuta più e più volte), a dover constatare con sommo sgomento  che  l’analisi costi- benefici (benefici per chi? Se è lecito chiedere)  fatta dal neo-assessore, mettendo in relazione la mancata realizzazione della  tanto discussa discarica di Valle dei Fiori e la raccolta differenziata partita con ritardo nel comune di Avezzano, rappresenti ancora una volta la fallimentare idea di gestione di un territorio: il nostro.

Secondo il neo assessore all'ambiente “Se da una parte con la percentuale della differenziata del porta a porta si abbatterebbe l’ecotassa (che i cittadini pagano per il mancato raggiungimento della percentuale di rifiuti differenziati), con la mancata realizzazione della discarica di Valle dei Fiori si ritornerebbe indietro, visto che i conferimenti finali di stoccaggio dei prodotti lavorati, rimarrebbero inalterati quale sede finale, stante l’esistenza delle discariche ove oggi conferiamo e con la loro prossima chiusura si rischierebbe nuovamente l’aumento della tarsu futura tares nei confronti dei cittadini in modo deleterio per le loro tasche..

Partendo dal presupposto che il sistema di raccolta differenziata ad Avezzano così come concepito e attualmente messo in atto, (ma questo è solo un mio modesto parere), rappresenta una sconfitta sia sul piano economico che su quello ambientale, oserei sottolineare che esso non incarna assolutamente l’idea di benessere di un territorio.
Lo scopo principale di una raccolta differenziata è quello di avere quali conferimenti finali di stoccaggio non la discarica, ma bensì altre e più idonee tipologie impiantistiche: l’umido presso impianti di compostaggio, la carta presso le cartiere, la plastica, il vetro e l’alluminio presso impianti di selezione e trasformazione e così via. E’ chiaro che tutto ciò che di “non riciclabile” resta rappresenta la percentuale minima di rifiuto e certamente si potrebbe arrivare a parlare di un idoneo sito di stoccaggio (dopo opportuno trattamento), sito che ahimè non è di certo rappresentato dalla discarica di Valle dei fiori né tanto meno da qualsiasi proposta fin’ora fatta su questo territorio marsicano.

Mi rendo conto che investire in centri di raccolta, recupero e riciclo è troppo complicato, creare occupazione è troppo complicato, così come troppo complicato è premiare moralmente ed economicamente  il cittadino virtuoso che differenzia il suo rifiuto, o ancora più complicato è pensare che i soldi guadagnati dalla differenziata possano appartenere ad un comune e su quel comune essere reinvestiti…certo questa è davvero fantascienza! Molto più semplice continuare con la cara, vecchia e fallimentare gestione.

Lo scrissi in un precedente post e qui lo ripeto, c’è chi trae profitto da ogni singolo sacchetto di immondizia che noi produciamo e ha tutto l'interesse a lasciare le cose così come stanno.
E intanto nell’attesa che qualcuno abbia davvero intenzione di proporre azioni concrete, durature a favore del territorio marsicano, che aiutino a debellare anche la piaga delle discariche abusive nelle strade e nei campi concludo il mio post: c’è Benigni in tv.

domenica 2 dicembre 2012

Centrali a biomasse: NO se l'aria è ai limiti


Di Melissa Di Sano

No alla centrale a biomasse in una zona dove la qualità dell’aria è «quasi ai limiti». Lo dice il Tar del Piemonte con la sentenza 219 del 2011, con cui boccia il ricorso di una società contro gli enti che gli hanno bocciato il progetto. I giudici, affermando l’incompatibilità dell’opera con la qualità dell’aria, chiariscono un punto importante riferendosi alla conferenza regionale dei servizi che autorizza nuovi insediamenti e concede i rinnovi delle autorizzazioni ambientali. La questione investe da vicino la città di Pescara. È appena stata avviata infatti la centrale a biomasse Fater. Un impianto di potenza pari a circa 9 megawatt, autorizzato dalla conferenza regionale dei servizi nel 2009, con il benestare di 13 enti tra cui Comune di Pescara, Asl e Arta. E poi, nell’ottobre del 2010 è arrivata la seconda autorizzazione per consentire un aumento di megawatt. Una doppia autorizzazione concessa quando Pescara era già considerata area di risanamento per la cattiva qualità dell’aria.

Proprio in questi giorni, sul tavolo della conferenza dei servizi c’è un altro caso da valutare. Si tratta della richiesta di rinnovo dell’autorizzazione ambientale integrata (AIA) presentata dalla società Sacci, proprietaria del cementificio di via Raiale. Secondo la sentenza del Tar piemontese, è stato corretto l’atteggiamento della conferenza dei servizi che ha bocciato la realizzazione della centrale nel comune di Castagnole delle Lanze. «La valutazione del progetto di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti di energia rinnovabile», si legge nella sentenza, «in sede di conferenza dei servizi, correttamente non tiene in unica e unilaterale considerazione la promozione dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile avulsa da ogni altro aspetto, dovendosi necessariamente far carico», continuano i giudici del Tar, «in un’ottica di bilancio ambientale positivo della complessiva compatibilità dell’opera con plurime esigenze quali ad esempio quella di tutela della qualità dell’aria. Ciò tanto più, là dove l’area liberamente prescelta dall’interessato, ricade in una zona caratterizzata da valori al limite rispetto agli obiettivi di qualità dell’aria fissati proprio dall’Unione Europea». I magistrati del tribunale amministrativo hanno dato un’indicazione precisa che a Pescara è stata disattesa, visto che l’autorizzazione alla Fater è stata data in una zona definita dalla stessa Regione “rossa” per cattiva qualità dell’aria, con i valori delle polveri sottili ampiamente fuori dalla legge.

«Rimaniamo sconcertati», afferma Augusto De Sanctis del Wwf, «dalla facilità con cui, al contrario di quanto è accaduto col Tar del Piemonte, la Regione Abruzzo non ha tenuto conto, autorizzando la centrale Fater, che a Pescara e dintorni l’aria non è “ai limiti”, ma questi limiti li ha di gran lunga superati: a Santa Teresa di Spoltore addirittura di tre volte. Eppure sono concetti di buon senso», continua De Sanctis, «gli obiettivi legittimi imprenditoriali devono venire meno di fronte all’interesse della comunità. È ora che inizino ad emergere responsabilità sulla mancanza del raggiungimento degli obiettivi imposti dall’Europa sulla qualità dell’aria e sul monitoraggio di alcune sostanze che non lo sono ancora, o i cui dati non vengono pubblicati, come il Pm2,5».

domenica 16 settembre 2012

Essere parte del problema o della soluzione?


C'è stato un bellissimo incontro ieri pomeriggio a Trasacco: l'associazione Aravinda coinvolgendo il il WWF Marsica e il Comitato Marsicano NO PowerCrop, ha aderito al progetto "Sporchi da morire" invitando il dott. Stefano Montanari qui nella nostra bella Marsica e proiettando il suo film a cui è seguito un dialogo profondo e illuminante tra il dott. Montanari e i presenti in sala. 

L'evento ha visto la partecipazione di molti cittadini e anche di alcuni amministratori locali, pochi a dire il vero, ma confido che almeno loro abbiano recepito e imparato che tanto c'è da lavorare e che nulla è impossibile, ci vuole solo la voglia di fare e fare bene perchè occorre consapevolezza nell'amministrare un territorio.

La crisi ambientale che stiamo vivendo rivela un modello di gestione economica ed ambientale fallimentare sotto ogni punto di vista. Una delle principali minacce ambientali con cui da sempre ci si "scontra" è la quantità di rifiuti che continuamente produciamo ed emettiamo nell'ambiente.
"Dove mettiamo tutti questi rifiuti?". Bhè dopo aver visto Sporchi da morire posso dirvi con fermezza e profonda convinzione che la risposta non esiste, per il semplice fatto che è la domanda ad essere sbagliata!

Per anni abbiamo provato a nascondere i rifiuti sotto terra, ad affondarli negli oceani o a bruciarli negli inceneritori e cosa abbiamo ottenuto? Niente, se non di avvelenare l'acqua che beviamo, l'aria che respiriamo e il cibo che mangiamo. Praticamente abbiamo trasformato un problema in un altro....letale oserei dire, è come se fossimo sul Titanic inconsapevoli (o forse si) che l'iceberg è vicino!

Le questioni legate ai rifiuti non sono solo ambientali, ma anche economiche; si perché è chiaro a tutti che cQualcuno che trae profitto da ogni singolo sacchetto di immondizia che noi produciamo e ha tutto l'interesse a lasciare le cose così come stanno; chiamatelo Politica, Mercato, Mafia, dategli il nome che più vi piace perchè in ogni caso ciascuno di essi rivela che la nostra società è governata solo da decisioni basate sui soldi e sul potere.

Ma noi possiamo fare molto: possiamo indurre la Politica e il Mercato a cambiare iniziando noi per primi a reinventare il nostro stile di vita trasformandoci da consumatori a consumatori critici, acquistando prodotti locali, (magari aderendo ad un gruppo d'acquisto solidale), acquistando beni durevoli e non usa e getta, preferendo prodotti biologici  e riciclabili a prodotti che non lo sono, premiando le industrie virtuose a quelle di stampo coloniale che strozzano i Paesi poveri produttori di materie prime...e questi sono solo alcuni esempi, ma molto altro si può e si deve fare per scendere dal Titanic. 

Perché produciamo tanti rifiuti? Perché abbiamo bisogno di prodotti e servizi che a loro volta producono sostanze nocive? Perché l'Industria non può cambiare i metodi di produzione in modo da produrre meno rifiuti? Perché la Politica non interviene? Queste sono le domande giuste da fare, e solo quando inizieremo a porcele avremo le risposte che portano alla prevenzione anziché al controllo dell'inquinamento, alla riduzione invece che alla gestione dei rifiuti.

Concludo citando Lois Marie Gibbs, una casalinga che nel 1977 insieme con i suoi due figli viveva vicino la discarica del   Canale di Love , uno tra i più gravi disastri ambientali degli anni 70.
Se davvero volete capire cosa c'è dietro ogni decisione su questioni ambientali, la prima domanda che dovete porvi è "Chi trae profitto da ciò?". In secondo luogo "Chi pagherà?". Solo a questo punto avrete identificato entrambi i lati della questione e potrete decidere se essere parte del problema o della soluzione.

mercoledì 21 marzo 2012

World Water Day - Giornata Mondiale dell'Acqua



Nel 1992 Le Nazioni Unite dichiararono il 22 Marzo "Giornata Mondiale dell'Acqua" e da allora ogni anno si tenta (con successo?) di celebrare questa data con attività volte all'educazione, alla tutela e alla conservazione di questa nostra preziosa sorella, così come la chiamava Frate Francesco.

L'acqua è un bene primario per la vita e una risorsa rinnovabile del nostro pianeta. Ogni forma di vita è legata all'acqua e ogni attività umana è vincolata alla possibilità di accedere all'acqua.
Eppure ancora oggi per milioni di persone l'impossibilità di accedere in modo adeguata alle risorse idriche ne mette in discussione l'esistenza stessa, impedendo inoltre ogni forma di sviluppo e di progresso.

Ismail Serageldin, ex vicepresidente della Banca Mondiale, disse che “Se le guerre del ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del ventunesimo saranno combattute per l’acqua". In realtà più che la scarsità fisica della risorsa acqua, ciò che preoccupa è proprio la sua iniqua distribuzione: se andiamo a guardare solo una decina di Paesi possiedono il 60% delle risorse idriche del Pianeta.
In base alle previsioni ONU, nei prossimi 25 anni due abitanti su tre soffriranno della mancanza di accesso ad una fonte sicura di approvvigionamento di acqua potabile con significanti variazioni dallo standard quantitativo previsto dalla OMS.

Diversi sono i fattori che determinano uno stato di emergenza:
1. l'aumento della popolazione mondiale;
2. l'inquinamento dei corpi idrici;
3. i cambiamenti climatici globali;

E' a causa di questa sua ridotta disponibilità che l'acqua si appresta a diventare l'oro blu, l'affare del ventunesimo secolo e lo sanno bene le multinazionali e i governi per i quali l'acqua è prima di tutto un bene commerciabile, tanto che assistiamo a continui tentativi di privatizzazione di questo bene e all'acquisto da parte dei grossi gruppi di fonti e sorgenti in tutto il mondo.

Diviene fondamentale un cambiamento radicale di cultura, tendenza e giurisprudenza: garantire l'accesso all'acqua per tutti, specie nei Paesi più poveri, diventa in questo scenario di sprechi e sfruttamenti un compito piuttosto difficile, ma non impossibile, ciò richiede prima di tutto il cambiamento di costume da parte dei governi e dei singoli individui, cioè noi, e ciò sarà possibile solo partendo dall'assunto inderogabile che l'acqua è un bene di tutti e la possibilità di accedervi un diritto e non un privilegio acquisibile.

domenica 11 marzo 2012

Land up Take


Negli ultimi 60 anni l'Italia ha subito un aumento del 500% delle aree urbanizzate, perdendo così milioni di ettari di superfici, sopratutto agricole, e le proiezioni per il futuro non sono certo confortanti. A dirlo è il dossier  "Terra Rubata" pubblicato dal WWF e FAI in collaborazione con l'Università degli Studi de L'Aquila. Attraverso l'uso del GIS (Sitema informativo territoriale) si è  fotografata la tendenza delle superfici edificate e l'immagine ottenuta prospetta scenari irreversibili se non si interviene con una idonea pianificazione territoriale che riduca lo spread fra aree verdi e aree "artificializzate".

Fino ad ora sono state analizzate 11 Regioni, tra cui l'Abruzzo, e i dati disponibili sull'intero territorio nazionale ci dicono che ogni giorno la Cementificazione "ruba" circa 75 ettari di suolo (pari a circa 100 campi da calcio per intenderci), questo vuol dire che  fra 20 anni avremo 600 mila ettari di cemento in più e suolo fertile in meno.

All'inizio del post ho usato il verbo "subire", credo che si adatti perfettamente al tema dato che a causa di interessi personali, i governi si ritrovano a compiere scelte "scellerate" che inevitabilmente ricadono sulla testa dei cittadini, basti pensare alle acque che qualche tempo fa hanno inghiottito Genova, una tragedia che poteva essere evitata se invece di cementificare, canalizzare e tombare i corsi d'acqua, si fosse lasciato spazio alla loro natura.

Ma non serve guardare così lontano per rendersi conto del futuro che ci stanno rifilando; In Abruzzo il Governo Regionale sta decidendo a favore di inceneritori, di centri di estrazione petrolifera, di eliminazione e ri-perimetrazione di aree verdi come la Riserva Naturale del Borsacchio e il Parco Sirente-Velino  e tutto questo perché ci sono speculazioni edilizie da favorire e speculatori da accontentare.

Ciò che dobbiamo comprendere è che l'uso irrazionale del suolo può portare a cambiamenti profondi degli equilibri instaurati in natura. Le politiche di difesa ambientale ed economiche devono tenerne conto e non possono prescindere da un'attenta gestione e tutela della risorsa suolo; nel nostro Paese non manca la legislazione in materia di tutela e pianificazione, ciò che manca è la cultura e la consapevolezza che è solo attraverso la salvaguardia ambientale che si costruiscono economie solide e benessere diffuso.

martedì 6 marzo 2012

Caro Monti ti scrivo così mi distraggo un pò...

Quella che segue è la lettera che Elena Patriarca, una biologa di 51 anni e NO TAV, ha scritto al Governo Monti.
Non so se il il Presidente/Tecnico del Consiglio si degnerà mai di prestarvi attenzione, non so neppure se altri avranno premura di leggerla o se questa lettera verrà immediatamente cestinata, ciò che però so  con certezza è che la voce di Elena e di chi come lei sta lottando per la tutela della Val di Susa, non può restare inascoltata, ecco perché nel mio blog la riporto integralmente e invito tutti a farla circolare.

Caro Monti ti scrivo, così mi distraggo un po’.
E siccome sei in buona compagnia, anche agli altri scriverò.
Al Governo tecnico, a Caselli, Manganelli, a Di Pace e Mortola,
ai politici dei grandi partiti
e a quei tanti giornalisti zelanti,
che non raccontano, ma commentano, le novità.

A tutti voi, un doveroso grazie perché proteggete gli italiani dai NO TAV e dalla loro deprimente ottusità.
I NO TAV protestano, dicono sempre di NO.
Dicono che la Torino-Lione costerà 22 miliardi di Euro e si oppongono. Io, invece, sono tranquilla, perché so che costerà di più. Perché qui in Italia il lavoro per le grandi opere non lo fa chi lo prende. Se, per esempio, un certo lavoro lo fa il topo per 2 euro, c’è prima il gatto, che si prende 20 euro, e prima ancora il cane (200 euro) e il bastone (2.000 euro), il fuoco (20.000 euro), l’acqua (200.000 euro), il toro (2.000.000 euro), il macellaio (20.000.000 euro), l’Angelo della Morte (200.000.000 euro) e il Signore (2.000.000.000 euro).
 
Qui in Italia, gli appalti delle grandi opere prendono spesso strane vie, che ci consentono di salvaguardare quello che è cosa nostra e di fare tutto in famiglia.
I NO TAV tirano sempre fuori la Corte dei Conti, che ha detto che la spesa per la Torino-Lione farà crescere enormemente il debito pubblico. E allora? E’ la crescita, no?! E poi voi avete spiegato al Paese che i soldi ce li danno le banche, che notoriamente sono enti benefici, come dimostrano i bellissimi calendari che regalano alla fine dell’anno.
Per convincerci che non dobbiamo dar credito ai NO TAV, avete usato due solide motivazioni tecniche: una valida per i valsusini, di natura tecnico-patologica (si tratta infatti di una sindrome) e una che si applica a quelli che vengono da fuori, di natura tecnico-sociologica.
La sindrome NIMBY, come ci avete spiegato, è congenita e genetica, e irrimediabilmente porta i NO TAV valsusini a non tollerare le talpe nel loro cortile. Molti valsusini NO TAV hanno cercato di controbattere, dicendo che non è quella la loro motivazione e ricorrendo allo slogan “né qui né altrove”, ma media e politici hanno saputo tenacemente perseverare nella tesi del NIMBY. Ciò ha creato forte apprensione fra le talpe, evidenziando nel contempo una certa sensibilità dei politici alle tematiche ambientaliste (cito Bersani: “Mica vogliamo penalizzare le talpe?”).
 
Ma se in questa storia c’è un lato oscuro, ce ne deve essere per forza anche uno luminoso e infatti, fra gli amministratori della Valle di Susa e della limitrofa Val Sangone (interessata da un tratto della Torino-Lione), ci sono anche dei SI’ TAV, che hanno partecipato e partecipano con grande interesse alla discussione sui benefici dell’opera. I SI’ TAV sono portatori di una sindrome che determina atteggiamenti estremamente propositivi, diametralmente opposti a quello dei NO TAV. E’ la sindrome DIIMBY (do it in my back yard), che li porta a ottenere benefici altrimenti insperabili per le famiglie che risiedono nell’area interessata dal progetto, col risultato di un’ulteriore crescita del debito pubblico.

Un onorevole esponente di tali amministratori, ad esempio, ha promesso al suo elettorato la realizzazione di una metropolitana per collegare Torino (ancora piuttosto malservita dalla propria metropolitana) e Giaveno, Comune propositivo posto a circa 30 km dal centro cittadino.
Il secondo tipo di NO TAV, quello che viene da fuori, ha connotazioni mitologiche e ipermatematiche:
mezzo anarchico, mezzo insurrezionalista (cioè che ha problemi endocrini) e per la terza metà antagonista (cioè con problemi della sfera sessuale). La terminologia inglese consente una designazione più rapida del fenomeno: black bloc, specie di Lego con mattoncini tutti neri, che in genere piacciono poco ai bambini, fatta eccezione per quelli destinati a diventare da grandi architetti o stilisti.

Questa seconda tipologia di NO TAV si caratterizza per gli atteggiamenti violenti. Colpiti dal lancio di
lacrimogeni, dalle manganellate e dai getti degli idranti, questi NO TAV indossano dei k-way, si coprono il volto (a volte addirittura ricorrono alle maschere antigas), lanciano pietre, sparano fuochi artificiali e si fanno spremute di limoni. Da tempo si sospetta che ricevano sostegno economico da parte della ditta Sanofi-Aventis, in relazione all’attività di sponsorizzazione del prodotto Maalox.
 
Recentemente è stata svelata la strategia che utilizzano nelle loro efferate azioni: “Si parte tutti insieme, si torna tutti insieme”. Si ritiene che all’origine di tale pensiero vi siano le posizioni rivoluzionarie di Leonhard Euler e John Venn, sui quali stanno indagando i servizi segreti.
Applicando il metodo sperimentale, è stato purtroppo dimostrato che negli ultimi tempi ha avuto luogo
ibridazione fra i due tipi di NO TAV: sottoposti al test del lacrimogeno, vecchietti NO TAV valsusini sono stati visti coprirsi il volto e indossare maschere antigas. I NO TAV appartenenti alla frangia del movimento “Cattolici per la vita della valle” hanno manifestato forme di confusione recitando la Salve Regina; ora dicono: “a Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrimogeni”.
 
Spetta in ogni caso a un NO TAV locale l’azione più efferata di cui si è reso responsabile il movimento. Il NO TAV in questione ha ripetutamente apostrofato un carabiniere con il termine di “pecorella”, dicendogli infine “ti voglio bene”. Mai avrei pensato che un individuo potesse arrivare a tanta abiezione e che le forze dell’ordine fossero sottoposte ad insulti simili. E non è solo una mia percezione: ispirato dall’evento, il regista del film ACAB ha deciso di preparare il sequel, che si intitolerà ACAB 2 – la vendetta di pecorella.

Grazie a Dio, giornali, telegiornali e giornali radio hanno saputo dare il giusto peso all’infelice uscita del giovane squilibrato. Il mostro è stato sbattuto in prima pagina e in apertura dei servizi; sono state evocate le Brigate Rosse e si è finalmente definita la linea della tolleranza zero, che sarà anche il titolo di un prossimo programma televisivo di approfondimento politico, probabilmente condotto dal dottor Forbice.

Spero che basti, anche se, per sicurezza e stante la grande disponibilità di rotatorie stradali, spesso del tutto inutili, avrei preferito l’impiccagione del soggetto in una qualsiasi di queste.
La violenza, dunque, e la legalità violata. In proposito voglio rivolgere un grazie personale al capo della polizia Manganelli e al prefetto di Torino Di Pace. Insieme formano una coppia perfetta, assolutamente bipartisan: Manganelli di Pace.

Io c’ero, il 27 giugno 2011 alla Maddalena, e ho potuto verificare con i miei occhi come oltre 2000
rappresentanti delle forze dell’ordine abbiano saputo sgominare qualche centinaio di NO TAV che pure si trovava legalmente sul posto (in parte su terreni di proprietà e dopo aver pagato il plateatico per il
campeggio). Tutto questo, sostenuti solo da un’ordinanza prefettizia di dubbia legittimità e con il semplice lancio di poche centinaia di lacrimogeni al CS. Sparati anche nel bosco, in modo da costringere i ribelli, anziani compresi, a non poter tornare sull’unica strada presente e a dover fuggire risalendo i ripidi sentieri di versante. Ho visto nei filmati su Internet come le tende in cui avevano campeggiato i NO TAV siano state sapientemente tagliate, marcate con l’urina e le feci, e ho saputo che gli eroi dell’allora Ministro Maroni hanno distrutto libri, rubato soldi e scrupolosamente asportato la biancheria femminile, presumibilmente lasciata dagli anarchici in disordine. Precisi, così bisogna essere, precisi e ordinati. 

E visto che nell’area c’erano anche delle brutte e ingombranti tombe del neolitico era bene spianarle, come hanno provveduto subito a fare quelli che avete mandato sul posto.
Precisi sono stati anche quei finanzieri che hanno sputato, tirato pietre e sparato lacrimogeni dal viadotto Clarea direttamente sui manifestanti, decine di metri più in basso, il 3 luglio 2011. Prendevano bene la mira, quei bravi ragazzi, posso garantirlo perché l’ho visto, ma anche in questo caso ci sono foto e filmati.

Mi spiace che tali documenti non siano stati mostrati in tv, altrimenti tutti avrebbero potuto capire che se non è stato colpito un numero maggiore di manifestanti è stato solo per la distanza e non per mancanza di abilità dei tiratori. Zelanti operatori si muovono alla Maddalena. Come quelli che, il 27 febbraio scorso, hanno continuato a darsi da fare per piazzare recinzioni nonostante Luca Abbà abbia cercato di distrarli cadendo da un traliccio.

Un cretinetti, Luca Abbà, come ha scritto il Giornale mentre il demente stava in coma farmacologico al CTO di Torino. Bisogna riconoscerlo: il Giornale, a differenza di Marco Bruno (quello di “pecorella”), sa quali sono i toni e i termini appropriati alle situazioni.
E poi, vogliamo finalmente far sapere a quelle frange estremiste che rivendicano l’equità sociale chi
veramente la pratica? Questo cretinetti di Luca Abbà è uno dei proprietari dei terreni dove deve sorgere il cantiere; lui e gli altri NO TAV hanno infatti comprato tanti pezzi di terreno nella zona. 

Pensavano che la proprietà privata sarebbe stata tutelata e che per rendere disponibili i terreni per il cantiere, i medesimi avrebbero dovuto essere regolarmente espropriati. Macché! Incurante del fatto che le ordinanze prefettizie dovrebbero essere provvedimenti eccezionali, da utilizzarsi solo in casi indifferibili e nell’impossibilità di avvalersi di ordinari strumenti normativi, il Prefetto Di Pace ha emesso la settima ordinanza in pochi mesi. Così, prima ancora della partenza delle lettere di esproprio, i terreni, compreso quello di Abbà, sono stati recintati. Non è forse un fulgido esempio di genuino comunismo delle origini? O, se preferite, di condivisione evangelica dei beni? Si faccia allora sapere a tutti che la bontà del Prefetto, e dei Ministri che ne avvallano l’operato, supera i cavilli legali!
 
Ma torniamo alla precisione. Come quella delle forze dell’ordine che hanno sgombrato la A32 solo qualche giorno fa, il 29 febbraio 2012. C’ero anch’io e ho visto, ma su Internet ci sono anche dei filmati, purtroppo trasmessi solo da qualche tv. Si dovrebbe rendere conto maggiormente dello zelo dei nostri operatori dell’ordine. Hanno attaccato alla grande, come sempre facendosi promotori dell’azione, senza che fosse volata una pietra, mandando avanti idranti e lacrimogeni al CS. E chi dice che ciò era dovuto, per sgomberare l’autostrada, non riconosce tutto il loro merito, la passione che li ha guidati ben oltre. Oltre le rampe dell’autostrada, oltre la vicina statale, fino all’interno del centro abitato le forze dell’ordine hanno fatto giustizia di chi faceva disobbedienza civile con la loro obbedienza incivile: a suon di manganelli hanno tirato fuori NO TAV e giornalisti dagli esercizi commerciali in cui si erano rifugiati.

Operazioni di questo tipo dovrebbero aver luogo più frequentemente. Anche perché va evidenziato che il grosso del popolo NO TAV è fatto di anziani esagitati, che gravano sulle finanze dello Stato per via della pensione e sono i principali responsabili dell’intasamento dei Pronto Soccorso.
Un pensiero grato va inoltre alla gran parte dei giornalisti (le eccezioni non si sentano incluse). I NO TAV hanno lungamente manifestato in modo non violento, anche con scioperi della fame e della sete e persino stando aggrappati per giorni ad un albero, come ha fatto Turi Vaccaro. Ma voi vi siete sempre premurati di non far perder tempo, parlandone, agli italiani. Al massimo un rapido accenno dopo i cortei più partecipati e, sui programmi regionali, il coretto del trio Cota-Saitta-Fassino: “Ora si faccia l’opera”. Per circa 20 anni questi amministratori e quelli che li hanno preceduti hanno ripetuto lo stesso concetto, ed è stata questa la discussione con quella stragrande maggioranza dei valsusini contraria al TAV. 

“Decine di migliaia di persone in piazza?, non sono d’accordo? Fortunatamente non ci sono stati incidenti; ora si faccia l’opera”. Con questo non si pensi che i politici e i media non abbiano dato abbastanza ascolto e spazio al tema del TAV. Per poterne parlare, ad esempio, la sera dopo la manifestazione del 25 febbraio scorso, alla quale si dice abbiano preso parte circa 70.000 NO TAV, il capo della Polizia ferroviaria Mortola (altro nome evocativo!, e che curriculum…) ha fatto in modo che i manifestanti che dovevano rientrare col treno a Milano trovassero la stazione di Porta Nuova piena di poliziotti, nel tipico assetto antisommossa che si usa per controllare se la gente ha il biglietto. Con manganellate e lancio di lacrimogeni in stazione (uno direttamente su un treno) nessun clandestino è sfuggito!

Tutta la mia solidarietà, infine, al procuratore Caselli. Ha ricevuto insulti e minacce e molti NO TAV se ne sono rammaricati. Si tratta di Caselli, un mito, e per questo della pericolosità degli individui arrestati nessuno può dubitare: non importa che venga detto cosa hanno fatto, è una questione di fede.
I NO TAV chiedono a Caselli perché non siano stati arrestati gli agenti delle forze dell’ordine responsabili di aver violato le regole di ingaggio, ad esempio sparando lacrimogeni ad altezza d’uomo.
Ma davvero i NO TAV non riescono a capire? A quegli agenti mica è stato dato l’encomio, no? L’encomio, infatti, si dà a quelli che fanno il loro dovere e, se glielo si dà, tutti dovrebbero capire che si tratta di eccezioni e che il modo di punire gli altri consiste nel non congratularsi con loro.
Elena Patriarca, anni 51, moderata, non valsusina, ma contribuente italiana (biologa, libero
professionista). Soprattutto, riconoscente per il TAV, per il fatto che ci abbiate spiegato che di una
questione di ordine pubblico si tratta, benché presto ci fornirete un’analisi tecnica dei costi/benefici
dell’opera di cui, se tanto mi dà tanto, ecco un’anticipazione:

Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
ogni Cristo scenderà dalla croce,
anche gli uccelli faranno ritorno.
Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno,
anche i muti potranno parlare,
mentre i sordi già lo fanno.
(Grata, questa volta sinceramente, a Lucio Dalla).

lunedì 20 febbraio 2012

Questione di giuramenti!


Da qualche giorno sui vari quotidiani abruzzesi rimbalza la notizia che la Procura de L'Aquila ha aperto un'inchiesta sulla centrale a Biomasse che la PowerCrop vuole costruire ad Avezzano.
Il progetto della Powercrop non è proprio un progetto qualsiasi poiché di “striscio” è finito anche nelle carte dell’inchiesta sui rifiuti di Pescara denominata “Re Mida”. I procuratori pescaresi hanno, infatti, disposto uno stralcio indirizzato a L’Aquila per verificare ulteriori ipotesi di reato. Di particolari interessi parlò l’ex assessore Daniela Stati ai magistrati ai quali illustrò interessi del sindaco di Celano e coordinatore del Pdl, senatore Filippo Piccone, sull’area di 500 metri dove sarebbero previsti ben tre impianti simili. (fonte primadanoi.it)

I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Pescara hanno richiesto i resoconti e le registrazioni audio delle sedute della seconda Commissione in Regione che si occupò del progetto PowerCrop. 

In questi atti si può leggere qualcosa su cui riflettere!
In una delle Audizioni ero presente a nome del Comitato Marsicano NO PowerCrop e durante il mio intervento feci notare ai tecnici della Commissione VIA che il loro procedere presentava delle lacune: come, ad esempio, la totale assenza di un sopralluogo o persino di un'inchiesta pubblica (così come prevede l'Art. 24 del testo unico ambientale). Ho chiesto "Mancando un sopralluogo della Commissione VIA in base a quali oggettività è stato possibile dare parere favorevole alla Centrale?

A questa mia osservazione il tecnico della commissione VIA, Adriano Di Ventura (tra coloro che hanno dato parere favorevole alla centrale) ha risposto come segue «la procedura di Via prevede che lo studio di impatto ambientale, che è quello su cui si basano poi le relazioni e si basa l’istruttoria e anche il giudizio del comitato, viene giurato. I dati che noi esaminiamo, sono dati che noi dobbiamo prendere per certi, perché comunque sono giurati dal tecnico che li ha scritti, non è che facciamo il sopralluogo o meno, se lì ci dicono che ci sono questo tipo di emissioni, ecc ecc, trattandosi di una perizia giurata, noi dobbiamo prenderli per veri».

Ebbene cari lettori, il tecnico che ha eseguito lo Studio di Impatto Ambientale per conto della PowerCrop, ha giurato che la qualità dell'aria a Fucino è ottima! ....Peccato che i dati siano stati rilevati da una centralina che si trova sopra ad Ovindoli....bhè stando così le cose è ovvio pensare che questo giuramento non sia valido e che il tecnico che ha eseguito lo studio ha giurato il falso e che quindi la Commissione VIA della Regione Abruzzo ha approvato (volente o meno, non sta  a noi giudicare)  perizia giurata non valida...

Io credo che già da solo questo elemento dovrebbe portare gli inquirenti ad una sospensione dell'iter burocratico della centrale a biomasse e a sanzionare come si dovrebbe coloro che hanno grosse responsabilità in questa vicenda dai contorni molto scuri.

In attesa le indagini proseguano nel giusto verso, attendo notizie che portino una volta per tutte a porre fine ad un sistema politico, amministrativo  e socio-economico basato sugli interessi di pochi a scapito della collettività.

Foto: Fabio Leonardi